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Permesso di soggiorno a punti
Categories: migranti

Nel  2009 abbiamo assistito a un’ulteriore riforma della legge in materia di immigrazione, attuata dalla medesima maggioranza parlamentare del 2002 (autrice della legge Bossi-Fini), con la recente Legge n. 94/09, ultimo tassello del “pacchetto sicurezza”, inaugurato nel maggio 2008, il quale ha visto un succedersi di nuove disposizioni normative, tutte finalizzate a un intensissimo controllo sociale del migrante e a una sua definizione in termini di pericolosità e sospetto.

A sette anni di distanza dalla legge Bossi-Fini, abbiamo constatato che lo spirito principale della riforma odierna è, ancor più, togliere libertà ai migranti e di restringere la loro pretesa di giustizia, ma anche di avere sostanzialmente creato la categoria di “indesiderabili” (gli stranieri in sé), parametro e orgoglio dell’agire politico dell’odierno legislatore, al punto di rivendicare la “cattiveria” quale modo di approccio alla questione immigrazione (dichiarazione pubblica del Ministero degli Interni sui “clandestini”).

La cattiveria è solo l’aspetto simbolico-politico della nuova legge, la quale pare perseguire, nel concreto, un preciso disegno di emarginazione sociale e giuridica del migrante in quanto diverso, utilizzando “a piacere” e “al bisogno” la sua forza lavoro, ma nel contempo creando modelli normativi basati sulla condizione personale e non più su una disciplina generale. Estremamente emblematico, a tal proposito, è il cosiddetto accordo di integrazione, introdotto dalla legge 94/09, meglio noto come “permesso di soggiorno a punti”, attraverso il quale lo Stato definirà le condizioni per l’accettazione della presenza regolare del migrante in Italia. Se si perdono tutti i punti, il permesso di soggiorno viene revocato e, quindi, si potrà procedere a espulsione del migrante…

Ma vediamo come funziona nello specifico il nuovo articolo 4 bis del Testo Unico: il migrante dovrà sottoscrivere, contestualmente alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, un Accordo di Integrazione, articolato per crediti, con l’impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. La stipula di tale accordo costituisce condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno. Tale norma, invero, non si applica a tutti i permessi di soggiorno: saranno esclusi i migranti titolari di permesso di soggiorno per asilo politico, richiesta di asilo politico, protezione sussidiaria, motivi umanitari, motivi familiari, permesso di soggiorno CE per Lungo Soggiornanti, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione Europea, nonché il migrante titolare di altro permesso di soggiorno, il quale ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare. In ogni caso , non si applica ai rinnovi.

Tale norma non è stata ancora attuata, ma è prevista l’emanazione di un regolamento attuativo al fine di stabilire i criteri e le modalità di tale sottoscrizione: tale provvedimento è attualmente in discussione.

In cosa consisterà la nuova corsa a ostacoli che si abbatterà sui cittadini di origine straniera? Verrà definito nei dettagli quando il Consiglio dei Ministri voterà il testo presentato da Maroni e Sacconi, ma i principi ispiratori e i nodi principali sono già stati fissati con sufficiente chiarezza.
Dopo due anni dal suo ingresso in Italia, il migrante dovrà dare prova della sua avvenuta “integrazione” attraverso un esame di lingua, una prova di educazione civica (conoscenza della Costituzione), la dimostrazione della regolare iscrizione dei figli a scuola, l’esposizione di una fedina penale pulita e persino la mancanza di illeciti amministrativi particolarmente gravi, l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e la trasparenza nei contratti abitativi, al fine di conquistare gli agognati 30 punti.

Se non ci riuscirà, avrà ancora un anno di tempo, alla conclusione del quale, scatterà, in caso di non raggiungimento del voto finale, il diniego del permesso di soggiorno e la conseguente espulsione. La conseguente valutazione degli obiettivi sarà di competenza dello Sportello Unico per l’Immigrazione.
Rispetto alla lingua nazionale è alquanto surreale che proprio il partito che fonda le sue radici sulla teoria della secessione dall’Italia ne faccia requisito primo di permanenza sul territorio. Sarebbe interessante verificare quanti degli elettori della Lega Nord utilizzano abitualmente la lingua italiana al livello A2, proposto come parametro dal decreto, invece che il dialetto stretto delle loro Regioni.
Per quanto riguarda la conoscenza della Costituzione, non occorre nemmeno ricordare quanto poco essa venga insegnata nelle scuole e conosciuta dai cittadini, perché basta riguardare in rete una recente puntata de “Le Iene” , nella quale nessuno dei Senatori e Deputati intervistati (con criterio bipartisan) aveva la più pallida idea di quali fossero i contenuti dei primi tre articoli della Legge fondamentale dello Stato italiano. E cosa dire dei carichi pendenti e dei precedenti penali di buona parte degli uomini di potere di questo paese?
I migranti, insomma, dovrebbero adeguarsi a un modello di cittadino italiano che non esiste, dovrebbero diventare “più italiani degli italiani”, e dimostrare così la loro sincera voglia di sottomettersi alle regole imposte (solo a loro) dalla società in cui si sono ritrovati a vivere. Non bastava accettare la dequalificazione lavorativa e lo sfruttamento, restare quasi sempre in silenzio rispetto agli insulti e alle violenze, accettare l’esclusione dalla maggior parte dei diritti previsti per i vicini di casa o i colleghi italiani.
Certamente, però, non dovranno farlo a loro spese, aggiungono i Ministri che hanno già tutto predisposto: sarà lo Stato, ad esempio, a pagare i corsi di lingua. Non si sa con quali risorse. Basta fare un giro tra le stanze delle scuole di italiano tenute in piedi in tutta Italia da volontari, spesso all’interno di Centro sociali o comunità cattoliche, per capire come da anni siano questi luoghi a supplire alla mancanza totale di una voce di welfare per i migranti, a fronte di una spesa per le politiche repressive attuate nei loro confronti che viene costantemente incrementata. Sarebbe una novità, quindi, se per una volta dei soldi italiani venissero stanziati per fornire dei servizi a queste persone che nella stragrande maggioranza dei casi pagano contributi e tasse che permettono al nostro Pil di non affondare, senza mai vedersi tornare indietro il minimo vantaggio legittimo (per i migranti ad esempio, non è prevista alcuna forma di pensionamento, indipendentemente da quanti anni abbiano lavorato sul territorio italiano).
Fa rabbia, però, che la prima dichiarazione di intenti rispetto alla costruzione di un welfare che operi in questo senso ,parta da proposte mosse solo dalla voglia di escludere, invece che di includere o anche soltanto, per usare una parola sempre più ambigua, di “integrare”.
Necessità reali vengono così strumentalizzate per lanciare l’ennesimo messaggio razzista e di “messa alla prova”, la cui volontà di base è, evidentemente, quella di trovare sempre nuovi modi per accentuare una separazione della popolazione necessaria, oggi più che mai, alla gestione del potere.

Ma torniamo alla bozza di regolamento, la quale dovrebbe essere approvata definitivamente entro dicembre: è’ una vera e propria lista di buona condotta quella che gli stranieri dovranno sottoscrivere per il rilascio del nuovo permesso a punti. La firma sarà naturalmente vincolante per il rilascio dello stesso. Il patto durerà due anni (prorogabili), nel corso dei quali il migrante dovrà impegnarsi per mettere assieme un totale di trenta punti. Al termine del periodo di prova, verrà rilasciato un attestato.  In allegato anche le griglie per l’assegnazione dei punteggi, fondamentali per il rilascio del permesso di soggiorno.
Il primo articolo riguarda proprio i cosiddetti doveri degli stranieri: conoscenza parlata della lingua italiana di livello almeno A2, come previsto dal quadro comune europeo di riferimento per le lingue; sufficiente conoscenza dei fondamentali della Costituzione italiana, dell’organizzazione e del funzionamento delle istituzioni pubbliche, con particolare riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali; la garanzia di istruzione dei figli minori almeno per la scuola dell’obbligo.
Lo Stato, da parte sua, garantirà loro i diritti fondamentali delle persone senza alcuna discriminazione, agevolando il più possibile il flusso di informazioni ai migranti stessi. Ma non solo: curerà in maniera particolare il controllo del rispetto delle norme del lavoro dipendente e si prenderà cura che gli stranieri abbiano pieno accesso a tutti i servizi sanitari previsti. Sarà possibile inoltre, dopo un mese dalla stipula dell’accordo d’integrazione, la partecipazione gratuita ad una sessione di formazione civica e sulla vita in Italia della durata di un giorno.
Un particolare riferimento, infine, va all’allegato C, che altro non è che un elenco di punti che potrebbero essere decurtati agli stranieri per le condanne subite in Italia. Si possono infatti togliere un massimo di 25 punti, ad esempio per pene non inferiori a tre anni ed 8 per illeciti amministrativi.

Ma vediamo ora i singoli articoli della bozza di regolamento, partendo dall’articolo 2: il migrante si reca allo sportello unico per l’immigrazione presso la Prefettura Ufficio Territoriale del Governo o alla Questura competente a ricevere l’istanza di permesso di soggiorno e, contestualmente, alla presentazione della medesima, stipula con lo Stato un accordo di integrazione, articolato per crediti. L’accordo è redatto in duplice originale, di cui uno è consegnato allo straniero, secondo il modello di cui all’allegato A che costituisce parte integrante del regolamento .

L’accordo, qualora abbia come parte un minore di età compresa tra i sedici e i diciotto anni, è sottoscritto anche dai genitori o dai soggetti esercenti la potestà genitoriale regolarmente nel territorio azionale.

Con l’accordo, lo straniero si impegna a:

a) acquisire una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente almeno al livello A2 di cui al quadro comune europeo di riferimento per le lingue emanato dal Consiglio d’Europa;

b) acquisire una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica e dell’organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia;

c) acquisire una sufficiente conoscenza della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali;

d) garantire l’adempimento dell’obbligo di istruzione da parte dei figli minori.

Con l’accordo, lo Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione dello straniero attraverso l’assunzione di ogni idonea iniziativa in raccordo con le regioni, gli enti locali e le organizzazioni senza scopo di lucro, nell’ambito delle rispettive competenze e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente. Nell’immediato, lo Stato assicura allo straniero la partecipazione ad una sessione di formazione  civica e di informazione sulla vita in Italia.

L’accordo ha la durata di due anni ed è soggetto a proroga di diritto nel caso previsto dall’articolo 8. Non si fa luogo alla stipula dell’accordo e, se stipulato, questo si intende risolto, qualora lo straniero sia affetto da patologie o da disabilità tali da limitare gravemente l’autosufficienza o da gravi difficoltà di apprendimento linguistico e culturale.

L’accordo decade di diritto qualora il questore disponga il rifiuto del rilascio, la revoca o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, per carenza originaria o sopravvenuta dei requisiti di legge .

Ai sensi dell’articolo 3, lo straniero partecipa alla sessione di formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia entro il mese successivo a quello di stipula dell’accordo . La sessione ha una durata non inferiore a cinque e non superiore a dieci ore.

Ai sensi dell’articolo 4, l’accordo è articolato per crediti, di ammontare proporzionale ai livelli di conoscenza della lingua italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia, certificati anche a seguito della frequenza con profitto di corsi o percorsi di istruzione, di formazione professionale o tecnica superiore, di studio universitario e di integrazione linguistica e sociale ovvero del conseguimento di diplomi o titoli comunque denominati aventi valore legale di titolo di studio o professionale . I crediti riconoscibili sono indicati nell’allegato B.

I crediti subiscono decurtazioni nella misura indicata nell’allegato C, in relazione con:

a) la pronuncia di provvedimenti giudiziari penali di condanna anche non definitivi, compresi quelli adottati a seguito di patteggiamento;

b) l’applicazione anche non definitiva di misure di sicurezza personali previste dal codice penale o da altre disposizioni di legge;

c) l’irrogazione definitiva di sanzioni pecuniarie di importo non inferiore a 10 mila euro, in relazione a illeciti amministrativi e tributari.

L’articolo 5 prevede che alla scadenza del biennio di durata dell’accordo, lo sportello unico avvia la verifica del medesimo, dandone preventiva comunicazione allo straniero ed invitandolo a presentare senza indugio, qualora non vi abbia già provveduto, la documentazione necessaria ad ottenere il riconoscimento dei crediti e la certificazione relativa all’adempimento dell’obbligo di istruzione dei figli minori o, in assenza, la prova di essersi adoperato per impedire l’inadempimento dell’obbligo medesimo .

La verifica da parte dello Sportello Unico, ai sensi dell’articolo 6, si conclude con l’attribuzione dei crediti finali e l’assunzione di una delle seguenti determinazioni:

a) qualora il numero dei crediti finali sia pari o superiore alla soglia di adempimento, fissata in trenta crediti e, inoltre, siano stati conseguiti il livello A2 della conoscenza della lingua italiana parlata e il livello di sufficienza della conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, è decretata l’estinzione dell’accordo per adempimento con rilascio del relativo attestato;

b) qualora il numero dei crediti finali sia superiore a zero e inferiore alla soglia di adempimento ovvero non siano stati conseguiti i livelli della conoscenza della lingua italiana parlata, della cultura civica e della vita civile in Italia di cui alla lettera a ), è dichiarata la proroga dell’accordo per un anno alle medesime condizioni, con rinvio di ogni determinazione all’esito della verifica finale;

c) qualora il numero dei crediti finali sia pari o inferiore a zero, è decretata la risoluzione dell’accordo per inadempimento, determinando la revoca del permesso di soggiorno o il rifiuto del suo rinnovo e l’espulsione dello straniero dal territorio nazionale, previa comunicazione, con modalità informatiche, dello sportello unico alla questura.

Qualora ricorra uno dei casi di divieto di espulsione dello straniero previsti dal testo unico, della risoluzione dell’accordo per inadempimento terrà conto l’autorità competente quando adotti provvedimenti discrezionali in materia di immigrazione o di cittadinanza .

L’articolo 8, ancora, prevede che, qualora, a conclusione della verifica, il numero dei crediti finali sia superiore a zero e inferiore alla soglia di adempimento ovvero non siano stati conseguiti i livelli della conoscenza della lingua italiana parlata, della cultura civica e della vita civile in Italia, il prefetto, nel risolvere l’accordo, ne decreta l’inadempimento parziale. L’inadempimento è preso in considerazione nelle decisioni discrezionali in materia di immigrazione o cittadinanza.

Ai sensi dell’articolo 9, infine, l’efficacia dell’accordo può essere sospesa o prorogata, a domanda, per il tempo in cui sussista una causa di forza maggiore o un legittimo impedimento al rispetto dell’accordo, attestato attraverso idonea documentazione, derivante da gravi motivi di salute o di famiglia, da motivi di lavoro, dalla frequenza di corsi o tirocini di formazione, aggiornamento od orientamento professionale ovvero da motivi di studio all’estero. I gravi motivi di salute sono attestati attraverso la presentazione di una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

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