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«No al ddl della vergogna». In piazza contro il pacchetto sicurezza.di Alessia Grossi
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"L’Unita".Un presidio di un’intera giornata , il 18 dicembre, la stessa che le Nazioni Unite dedicano al diritto dei lavoratori e delle lavoratrici migranti, per «fermare il ddl della vergogna». L’Arci e decine di associazioni si mobilitano in sit – presso la sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri e nelle prefetture di molte città italiane per fermare l’iter del disegno di legge sulle “disposizioni in materia di pubblica sicurezza” in discussione al Senato e dire al Parlamento di rivedere le politiche sull’immigrazione.

«Il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, ora ddl 733/08 – contestano aspramente da associazioni come Antigone, Arci, Cgil, Uil, Servizio rifugiati e migranti, Sbilanciamoci, Federazione Rom e Sinti insieme, Unione inquilini Roma e Lazio – con il pretesto di contrastare l’immigrazione clandestina in realtà colpisce tutti gli immigrati soprattutto coloro che vivono e lavorano regolarmente nel nostro paese rispettando le leggi». Un esempio su tutti per Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci, è «la tassa di 200 euro, prima di 72 euro, che ogni migrante pagherà per ottenere qualsiasi documento, dal rinnovo del permesso di soggiorno al certificato per il matrimonio. Questa disposizione poco ha a che vedere con la sicurezza pubblica, piuttosto – spiega Miraglia – il Governo fa cassa sulle spalle degli immigrati».

Ma l’ex famosissimo pacchetto sicurezza, di cui poco si sente parlare negli ultimi tempi, approvato dalle commissioni e ora al Senato a gennaio potrebbe essere approvato mettendo in piedi «una serie di percorsi ad ostacoli che escludono ed inibiscono i percorsi positivi di inserimento dei migranti nella società italiana». Oltre alla tassa sui documenti, infatti – denunciano i sindacati e le associazioni che venerdì si riuniranno in sit – in a Roma – il ddl 733 si lega al «taglio del fondo nazionale per le integrazioni che passa da 100 milioni di euro a 5 milioni di euro e alla norma, prevista in finanziaria dell’introduzione del requisito di cinque anni di residenza per l’accesso al piano caso e all’assegno sociale».

Se questa è la ricetta economica del Governo per favorire l’integrazione sociale e facilitare la ricerca del lavoro per gli stranieri, quella sociale non è migliore. «Il Governo taglia i finanziamenti alla scuola – spiega Miraglia – e introduce le classi ponte per i figli dei migranti regolarmente in Italia, impedendo così di fatto qualsiasi percorso di integrazione possibile».

Per non parlare poi del decreto flussi, che propone il blocco dei flussi d’ingresso dei lavoratori stranieri, «misura propagandistica ed inutile» dicono le associazioni, che, come ha fatto notare anche la Corte dei Conti con un documento ufficiale, «chiude la strada all’immigrazione regolare e non fa nulla per dare risposta all’estesissima presenza di irregolarità, lavoro nero e violazione dei diritti fondamentali» da parte degli sfruttatori dell’immigrazione. Per quanto riguarda il diritto alle cure, poi, nel ddl è prevista una restrizione con l’introduzione dell’obbligo per i medici e gli operatori sanitari di denunciare gli immigrati irregolari che chiedono di essere curati.

Un disegno di legge, insomma, che per l’Arci, le associazioni e sindacati – tiene gli uomini e le donne stranieri in condizione di «precarietà, ricatto e sfruttamento» contravvenendo di fatto alle «norme internazionali sui diritti umani e fondamentali e la stessa Costituzione italiana che afferma la pari opportunità sociale delle persone senza distinzione di sesso, razza, lingua o religione». Per questo con il sit- in di venerdì e i presidi davanti a molte prefetture delle città italiane le Associazioni e i sindacati chiedono a gran voce al Parlamento di riformare le norme sull’immigrazione «ribaltando l’approccio». Per prima cosa si chiede «una seria ed efficace programmazione degli ingressi per il 2009 in misura funzionale al mercato del lavoro, che favorisca i lavoratori stranieri lasciando che emergere dal lavoro nero e dall’assenza di diritti». Ma si chiede soprattutto che accanto a misure economiche se ne prendano altre, di natura sociale come – ribadisce Filippo Miraglia – «parità dei diritti, supermento delle discriminazioni nella scuola, nel lavoro, nella sanità, attraverso la riforma della cittadinanza e il diritto al voto».

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