Sembra che a fare più scalpore sia soprattutto la collocazione non istituzionale del nostro ambulatorio, ma il valore aggiunto di questa esperienza è proprio che deriva innanzitutto da un percorso che ha coinvolto un gruppo di medici, infermieri ed educatori che, per più di 2 anni, hanno lavorato nelle case occupate dei rifugiati e in contesti di disagio sociale ed emarginazione, promuovendo il diritto alla salute, e cercando di intercettare i bisogni di persone che altrimenti sarebbero rimasti nel sommerso.
Nell’ultimo anno la politica non ha certo agevolato chi crede, come noi, in una sanità pubblica per tutti/e , anzi ha varato un pacchetto sicurezza che ottiene, ancor prima della sua entrata in vigore, l’effetto desiderato: il calo degli accessi alle strutture sanitarie pubbliche da parte di chi non è in regola con le norme di soggiorno in Italia, per paura di essere denunciati e quindi deportati .
La tutela della salute è oggi minacciata dall’entrata in vigore del reato di clandestinità, poiché, fermo restando il divieto di segnalazione all’autorità da parte di medici ed infermieri (art. 365 codice penale), chi può assicurare che la denuncia non venga fatta da terzi ( forze di sicurezza, amministrativi, etc..) presenti sul luogo di cura?
La salvaguardia della salute, singola e collettiva, viene necessariamente a mancare, con conseguenze negative che si ripercuotono sull’intera popolazione.